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Caro amico ti scrivo…
La Mostra in Cartolina photoSHOWall
da
Dentro il Borgo
Censimento fotografico dei borghigiani
di Alessandra Fuccillo
mostra fotografica nell’ambito di
Milano Photofestival 15th e Pavia Foto Festival
produzione
photoSHOWall
in collaborazione con
La Provincia PavesePavia, 09 novembre 2020. Si inaugura oggi la mostra fotografica “Dentro il Borgo” un censimento fotografico degli abitanti e dei commercianti del quartiere Borgo Ticino di Pavia, attraverso gli scatti di Alessandra Fuccillo messi “in Cartolina” da photoSHOWall.
La mostra, virtuale, è visibile sui canali social e sui siti della fotografa Alessandra Fuccillo, la Provincia Pavese, photoSHOWall.
Prodotta da photoSHOWall, la mostra è inserita nell’ambito di Photofestival Milano 15Th.
Catalogo digitale su www.photoshowall.com
Quando nel 2019 ho iniziato a fotografare persone per il bando Borgo Attivo, (bando con capofila AINS onlus e con la collaborazione di Aps Presi nella Rete, Decumano Est, Ic Cavour e Aps Borgo), l’intento era quello di scoprire non solo i personaggi del quartiere ma anche gli interni, gli ambienti che li rappresentavano: case, negozi, strutture pubbliche e private.
L’idea si è poi strutturata in una sorta di censimento fotografico degli abitanti del Borgo Ticino, un quartiere dall’anima popolare e fluviale che ha molte storie da raccontare.
Fotografare queste persone aveva questo significato prima della pandemia, ma le circostanze in cui viviamo hanno visto cambiare tutte le nostre abitudini e di conseguenza è cambiato il rapporto tra i luoghi e le persone: le palestre ora sono vuote, per esempio, le case sono più vissute, qualcuno le ha cambiate, le ha attrezzate per poterci lavorare, i negozi hanno cambiato la loro struttura per poter far fronte alle direttive, tutti gli spazi si stanno trasformando in spazi di resistenza e rifugio.
In questo contesto ho deciso di continuare a raccontare il rapporto tra spazio e personaggi del Borgo, durante la pandemia e spero, alla fine di questo lungo e difficile periodo.
La mostra in cartolina photoSHOWall
Se la fotografia esce dai luoghi di esposizione (musei, gallerie) e di fruizione (carta stampata) e si diffonde nella città, diventa una forma di arte popolare e, se non vogliamo recuperare questo termine, legato ad esperienze artistiche degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, possiamo dire una forma di visione partecipata. Si crea una sinergia con l’ambiente urbano circostante e l’immagine vive una nuova vitalità, quella della partecipazione alla vita pubblica, agli scorci cittadini. Una nuova visione della fotografia d’autore, la cui fruizione, se la struttura ideata da photoSHOWall trovasse adeguata collocazione in ambienti urbani, potrebbe diventare diffusa.
Alla base del progetto di photoSHOWall si può individuare una visione dinamica dell’immagine, non più univoca e uniforme, ma articolata e molteplice. La scomposizione delle singole fotografie è solo l’aspetto più evidente di queste immagini ricreate, dove la variabilità della combinazione consente una quasi infinita articolazione nel formulare nuovi spazi, nuovi campi visivi dove i dettagli possono assumere rilevanza rispetto all’insieme; ma è la stessa unità formale a subire una trasformazione intrinseca e strutturale per dare dinamismo alla fotografia che, per sua natura, è statica, assoluta e definitiva. Una gabbia visiva che moltiplica le possibilità del saper vedere.
Per questa esposizione, virtuale, eppure concreta nella sua realizzazione con immagini vere dell’autore accostate a scorci, altrettanto realistici, della città ripresi per l’occasione, si è realizzata una formula di commistione fra più immagini; un’articolazione che propone una nuova cartolina: una doppia lettura delle opere originali dei sette fotografi.
Si è voluto realizzare questo progetto speciale per evidenziare le infinite possibilità creative delle strutture di photoSHOWall e per verificare come la fruizione delle immagini può variare in base al contesto in cui vengono collocate e alla cornice con cui vengono presentate. Una riflessione sulla contemporaneità dove il cosa è stato sostituito dal come.
(Renzo Basora)
photoSHOWall è stato sviluppato nell’ambito del progetto SHOWall finanziato a valere sul Bando “Smart Fashion and Design” promosso da Unione Europea e Regione Lombardia e cofinanziato dal POR FESR 2014-2020 in quanto progetto di sviluppo sperimentale legato alle innovazioni e alla disseminazione dei risultati nella filiera della moda, del design, delle industrie creative e culturali.
Milano Photofestival 15TH
07.09-15.11 2020
Scenari, orizzonti, sfide. Il mondo che cambia
La quindicesima edizione della rassegna annuale di fotografia d’autore organizzata da AIF - Associazione Italiana Foto & Digital Imaging propone dal 7 settembre al 15 novembre 2020 un programma gratuito di 140 mostre fotografiche diffuse e altri appuntamenti inseriti in un circuito capillare che coinvolge tutto il territorio metropolitano milanese e alcune province lombarde, per promuovere la cultura dell’immagine.
milanophotofestival.it
www.photoshowall.com
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A questo link potete donare per il nuovo documentario di Valerio Nicolosi:
https://www.produzionidalbasso.com/project/frontiere-le-vie-per-l-europa-1/
Segue qualche scatto dei partecipanti:
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Il 2020 doveva essere un anno di grandi novità formative e culturali per CameraOff: siamo un po' in ritardo a causa del Covid ma ci stiamo rialzando e abbiamo in serbo molti eventi e molte novità per i prossimi mesi. Iniziamo con un workshop di fotografia di reportage e per l'occasione abbiamo scelto Valerio Nicolosi, romano, fotogironalista e documentarista di acclarata fama, specializzato in migrazioni e appassionato insegnante di fotografia. Il corso è aperto a tutti, dato anche l'esiguo numero di partecipanti (massimo otto causa covid), Valerio sarà in grado anche di gestire persone a diversi livelli di competenza. E' necessario portare la propria attrezzatura fotografica e un computer, perché il corso metterà alla prova gli allievi sia da un punto di vista teorico che pratico. Due giorni intensivi, 10 e 11 Ottobre dalle 9 alle 18 con pausa pranzo, presso lo studio CameraOff, Via dei Mille 73. Costo 150 euro. E' necessario versare la caparra di 50 euro per riservare il proprio posto.
Per info tel 3348865856 (Alessandra)
mail: [email protected]
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Colori a cera, gesso, colla e legno: è il profumo caldo di una piccola scuola elementare a Vatolakkos, Creta. Sono venuta fino a qui per conoscere giovani insegnati greci: quasi nessuno di loro lavora nella propria città e generalmente scelgono questo lavoro perché hanno la possibilità di viaggiare per il paese; mi spiegano che è necessario portare l'istruzione anche nei piccoli villaggi sperduti sulle isole e che l'unica soluzione è spostarsi. Insegnano per due o tre anni e poi possono chiedere di essere trasferiti in nuove località e molti fanno richiesta anche per trascorrere tre anni all'estero nelle scuole greche di proprietà del Governo. Lena ha insegnato in ordine a Kavala, Salonicco, Miami, Kalymnos e ora Vatolakkos, vicino Chania. Lavora da sola e svolge tutte le mansioni burocratiche delle quali sarebbe incaricato un preside, una segretaria e un consiglio di istituto.
Partiamo alle sette e trenta dalla sua incantevole casa di Chania, affittatale da un ex istruttore di volo con un sorriso aperto e un buon inglese. E' quel tipo di casa che costruisci per una vita per viverci felice e a lungo. La vista dal terrazzo mi riporta alla mia infanzia nell'entroterra siciliano. Dopo qualche chilometro vedo Souda dall'alto, la città dove ha sede la base NATO, in un magnifico panorama mattutino.
Dopo circa trenta minuti arriviamo a Vatolakkos. La scuola ha un cortile bello e luminoso che funziona anche da palestra e la piazzetta è sovrastata da una torre orologio alta ventitrè metri, in memoria delle ventitré vittime fucilate dai tedeschi sul ponte che conduce al centro del villaggio. I bambini corrono verso di noi sorridenti urlando: "Che bello! Allora anche oggi c'è lezione!". Una piccolina regala a Lena un mazzo di rose di colori misti. Hanno tutti e sedici un enorme rispetto per lei e riconoscono a pieno la sua autorità. La scuola è decisamente bella: coloratissima, attrezzata, pulita. Mentre Lena lavora come bidella, preside, segretaria e maestra, i bambini continuano a giocare in cortile. Una mamma aspetta di parlare con lei. Alla fine della conversazione Lena mi spiega che ci sono brutte notizie, perché la signora ha deciso di portare i suoi figli in un'altra scuola e questo comporterà l'abbassamento del numero minimo di bambini, dunque le sue speranze di avere una collega per dividere il lavoro svaniranno. La gente del paese tiene molto a questa piccola scuola e vorrebbero che rimanesse aperta; se dovesse chiudere davvero Lena verrebbe semplicemente trasferita a Chania, dove in effetti abita, potrebbe anche evitare di passare quaranta minuti in macchina tutte le mattine e guadagnare un po' di tempo per sé stessa, ma tutto questo non le interessa affatto, tira fuori il suo spirito combattivo e crea le condizioni di sopravivenza della scuola. La classe è molto varia: ci sono bambini che vanno dai 6 ai 12 anni e le loro radici sono miste: c'è un bambino polacco dal viso molto intenso, che spicca per i suoi colori nordici. Si percepisce il mix culturale di un'isola in una posizione strategica nel Mediterraneo, si percepisce dalle loro domande che hanno in famiglia molti emigrati, in Francia, in Canada e negli Stati Uniti.
Insegnare è una missione, dopo tutto: sono piena di ammirazione per questa professione. Lena ha una tristezza profonda sul viso e un sorriso che si apre con prudenza. I bambini mi accolgono in classe con un collettivo "Buongiorno" pronunciato perfettamente e parliamo di fotografia. L'argomento che viene fuori è il ritratto. Io non ho molto con me, non ho stampe e non ho il computer, quindi decido di mostrare loro qualche ritratto direttamente dalla camera. Parliamo addirittura di luce negli occhi, anima e racconto. Sono attenti, adulti. Mi chiedono se sono stata a New York, in Canada, in Polonia e a Parigi. All'intervallo mi offrono la merenda e mi chiedono di giocare a pallavolo: io ne approfitto per farmi insegnare i numeri, così ad ogni passaggio imparo a contare fino a dieci. Creta non è un'isola povera, nel complesso, perché vive di turismo, ma qui ci sono bambini che non hanno con sé due monete per la merenda oppure che non hanno fatto colazione. A metà mattinata sento il bisogno di un caffè ed esco per comprarlo. Mi accorgo che non ci sono cancelli o recinzioni, esco semplicemente scavalcando un muretto. Sono certa che i bambini non uscirebbero mai: rispettano tutte le regole stabilite da Lena e le stanno sempre attorno. E' un microcosmo che somiglia più a una famiglia che a una scuola. Trovo un bar che sembra il patio di una casa di campagna e una cinquantenne mi serve un caffè greco in un perfetto inglese. Devo raccontare questi bambini, i loro volti e le loro domande, lo spirito di gruppo, i giochi semplici e gli abiti mesti. Posso farlo con una foto di gruppo, ma decido di usare le loro mani, insieme a quelle di Lena. Mi chiedono se tornerò anche l'indomani.
Il fatto di girare molto porta Lena a non sentirsi mai a casa davvero, a non avere radici ben salde. Insieme riflettiamo sul fatto che il governo possa controllare e manipolare maggiormente una categoria che è fortemente instabile e mobile. Fino a qualche tempo fa si diventava di ruolo grazie all'anzianità; poi sono arrivati i concorsi e attualmente è tutto fermo. Chi era riuscito a passare di ruolo come Lena è fortunato: tutti gli altri sono precari e chissà per quanto tempo lo resteranno.
"La mia generazione è furiosa con la precedente per lo spreco di denaro che hanno provocato, per aver ignorato troppo a lungo che l'intero paese era corrotto. I miei genitori sono due insegnanti, due buoni insegnanti e fanno parte di quella classe media nata nel periodo di Pasok, dal 1981 in poi. Prima di allora non si era molto liberi di esprimersi e di criticare, se facciamo un'eccezione per i comunisti che invece si sono sempre espressi liberamente. In quel periodo era normale sapere che il preside di una scuola rubava soldi e non c'erano reazioni particolari da parte loro". Penso agli anni ottanta in Italia, alla Dc e a tutto il resto. Posso davvero capire questa ragazza, capisco quella rabbia, capisco la mancanza di amore per la patria che ha avuto la generazione precedente. Vorrei dirle che la mia generazione non arriva nemmeno a una riflessione in merito, ma preferisco non aggiungere negatività e ammirare questo gigante di un metro e cinquanta e tutti i suoi amici, i quali mi sembrano complessivamente più colti e svegli di noi. Alla sera Lena mi porta a conoscerli, tra bicchieri di Raki, semi di zucca, verdure fresche e sigarette. Io mi concentro su Nina, trent'anni e un'impresa di artigianato locale con un negozio di souvenir ecologici e prodotti locali. Si chiama "Kurkuta", che in dialetto cretese significa "accumulo di cianfrusaglie dalle quali non vorresti mai separarti per motivi affettivi".
Il negozio rispecchia Nina: colorato, allegro, ironico. Nina è l'unica imprenditrice di Chania ad aver ottenuto un finanziamento per l'apertura del suo negozio. Ha dovuto anticipare ed è stata aiutata dalla famiglia, ora sta restituendo il denaro a tutti, anche se gli affari non sono rosei: una delle maggiori difficoltà è creata dal turismo all inclusive, la piccola gabbia del viaggiatore. Il negozio di Nina in realtà è un punto di aggregazione per tutti gli amici e per la gente di Chania ed è per questo che, dopotutto, funziona: il turista ci troverà sempre qualcuno disposto a farsi due risate e a conversare in parecchie lingue.
Un tedesco appassionato di trekking dimentica Der Spiegel su un tavolo e la copertina ritrae il viso di Angela Merkel fotomontato sulla figura di Madre Teresa; il titolo è "Mutter Angela". Parliamo dei tedeschi, del loro disperato tentativo di ripulirsi l'immagine. Parliamo dei loro scandali, soprattutto di quello della Siemens, che ha abbandonato il campo, rubato e corrotto e ha lasciato centinaia di disoccupati greci. Poi c'è la Wolkswagen (Gas Auto) e le Banche. I tedeschi stanno comprando la Grecia, grazie al piano per le privatizzazioni richiesto dall'Europa: quattordici aereoporti, Salonicco, Corfù, Cefalonia, Zante, Aktion, Kavala, Rodi, Kos, Samos, Mytilini, Mykonos, Santorini, Skiathos e anche Chania, dove sono arrivata e dove ripartirò. Il Kreditanstalt für Wiederaufbau si occupa di colonizzare il paese ellenico soprattutto nel campo del turismo e dell'energia pulita, dà lavoro a più di ventimila persone ma vende armamenti bellici al paese. Una mano dà e l'altra toglie.
Mentre torniamo a casa Lena in macchina mi racconta del periodo del referendum: "Mi trovavo nella mia città ed ero in macchina a notte fonda con il mio ex fidanzato. Vedemmo un uomo che scriveva un enorme OXI (no) su un muro e in Grecia si dice che ogni generazione deve avere il suo Politecnico, la sua rivolta studentesca contro la dittatura, come fu nel 1973; lui mi ripeteva spesso questa frase e io gli dissi: "Vedi, dicevi che volevi vivere il tuo Politecnico ed eccolo, ce l'hai davanti agli occhi, sei dentro la storia della tua generazione. E' stato un momento prezioso per il paese: c'era dialogo, confronto, speranza, verità, partecipazione. Con Tsipras, per la prima volta in vita mia, ho potuto ascoltare un discorso di un mio presidente ed essere felice di averlo votato. Mi piaceva davvero tutto quello che faceva, mi piaceva persino la sua faccia, il suo modo di parlare." La delusione che segue a una tale soddisfazione per un cittadino appassionato è indescrivibile e io non posso capirla, perché non ho mai nemmeno provato quella gioia. Ad ogni modo, per votare anche questa volta, Lena ha preso un autobus per Chania, l'aereo per Salonicco e un altro autobus per Kavala, ha perso due giorni di scuola, nessuno sconto sul viaggio per via delle elezioni. Non ha votato Syriza, anche se è stata indecisa fino all'ultimo sul da farsi e ha espresso un voto per Laiki Enothta, (Unità Popolare), un piccolo partito distaccatosi da Syriza, euroscettico e socialista, che non è riuscito nemmeno a entrare in Parlamento.
"Ci fu uno scandalo, per esempio, riguardante la Chiesa, a proposito di terreni contesi tra loro e il governo. Syriza aveva iniziato ad occuparsene ma alla fine è rientrata in un limbo di compromessi che la hanno avvicinata al sistema della corruzione. Non avrebbero mai dovuto dimenticare che erano diversi e che hanno avuto un peso anche mentre erano fuori dal Parlamento. Il fatto di aver buttato via Varoufakis è stato uno dei peggiori momenti, anche se non mi fido ciecamente di nessuno, nemmeno di Varoufakis, ma dopo quella mossa ho capito che non avrei più potuto votare Tsipras. Un'altra enorme delusione è stata la mancata riforma del sistema delle comunicazioni: anche in quel settore c'era una tale corruzione da stanare e si trattò di uno dei temi più importanti in campagna elettorale. Non è cambiato nulla, Syriza non ha fatto nulla."
Lena mi dice con gli occhi lucidi: "I'm sorry if I am too intense about this".
La strada per l'aeroporto non è trafficata, il sole batte sul tetto della macchina e ci sono trentun gradi. Lena e le sue radici, il coraggio e la dignità del lavoro, la passione per la democrazia, vado a cercarle anche a casa mia. Guardo un altopiano beige con rari cespugli verde smeraldo e mi rendo conto di quanto siamo vicini alla Turchia, in mezzo al Mediterraneo, culla delle più grandi rivoluzioni culturali e immensa tomba di migranti.
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Piove così forte che sono costretta a prendere la metropolitana dall’Acropoli a Piazza Syntagma; un signore sulla quarantina mi offre un passaggio sotto al suo ombrello rotto, parliamo in francese, lui viene dall’Algeria e lavora in un’agenzia turistica. E’ profondamente triste e credo che la sua sia una richiesta di aiuto, più che un’offerta. Vorrei ricambiare il favore e lui mi chiede di fargli pubblicità, mi lascia i suoi biglietti da visita. In prossimità di un incrocio si blocca il traffico: un uomo alla guida di un furgoncino non riesce a passare perché qualcuno ha parcheggiato in divieto di sosta. Qualcosa di molto strano attira la mia attenzione, perché dietro al furgoncino è stata montata una struttura di circa due metri per tre, una specie di enorme gabbia e dentro ci sono sua moglie e quattro bambini. E’ terribile. Ovviamente non fotografo, accanto a me invece, un reporter tedesco prende il suo iphone sei di ultima generazione e scatta una bella foto.
Cinque anni fa fotografavo la Settimana Santa di Enna per la prima volta, nel disperato tentativo di ancorarmi alla terra siciliana. In Via Roma incontrai un fotografo sulla cinquantina, lo intravedevo nella nebbia: era l'unico con al collo due Leica analogiche e si muoveva con calma e rispetto; tra fotografi si riconoscono subito tutte le categorie: eliminando gli amatori si capisce subito che genere di fotografo sei, se hai tatto e delicatezza o se sei più grintoso e deciso. E' un'emanazione della personalità ed è determinante per ogni scatto. C'era una tipica nebbia ennese ed eravamo d'accordo sul fatto che fosse molto fotogenica. Panos parla un italiano perfetto: ha vissuto a Firenze e a Milano negli anni settanta e, come molti greci, è un buon poliglotta. Come molti greci è aperto e ama parlare con le persone.
Oggi il "nuovo" governo di Tsipras si è insediato. Tra pochi giorni giurerà e verranno annunciati i ministeri. Io continuo ad ascoltare i greci e cerco di capire. Panos mi recupera in piazza Syntagma mentre si scatena una tempesta. Viene dall'Università di Patrasso, dove ha insegnato per venticinque anni parallelamente all'attività in uno studio di architettura. "Ho pagato doppi contributi tutta la vita e mi avvio a ricevere una pensione ingiusta", mi racconta.
Per la prima volta in vita sua non ha votato: fa parte di quel 55% di greci che non ha voluto esprimersi e che ha stabilito il record di astensionismo greco.
"Come molti greci ho seguito con un entusiasmo la forte ascesa di Syriza e poi, si sa, noi greci siamo sentimentali con la politica... Ci abbiamo creduto in molti, anche se alla base degli intenti di Tsipras c'era un'utopia sin dall'inizio. Noi suoniamo e l'Europa balla, diceva qualche tempo fa, ma si sa: quando c'è del sentimentalismo è come in un rapporto di coppia: può succedere che ti si volti le spalle in un attimo e il tuo mondo precipiti."
Ciò che mi spiega Panos è che il peggio deve ancora venire, che il prezzo sempre più alto che i greci dovranno pagare è stato sempre rimandato, affossato, nascosto, anche dai precedenti governi. Certo ci sono già tasse pesantissime, soprattutto sulle proprietà e non c'è la libertà di comprare nemmeno un libro su ebay con la carta di credito. Si vede anche dai consumi che tutto è profondamente cambiato. "
Mi porta a vedere la parte alta di Atene: scendiamo dall'auto e ci troviamo davanti ad un panorama in tempesta. Atene comincia davvero a conquistarmi. L'acropoli illuminata di fronte a me, le nuvole nere basse che nascondono il porto e una distesa immensa di vita pulsante, bianca. Atene, Palermo, Napoli, Marsiglia…
Scendendo di qualche chilometro mi porta in un caffè storico che si chiama Filiou, un punto di incontro per giornalisti, artisti e professionisti di vario genere. Ci passa accanto un uomo alto e magro sulla settantina, mi dice che si tratta del giornalista Kostantinos Tzoumas.
"Ho votato a sinistra per tutta la vita. Credo che i greci abbiano capito ormai che vogliono qualcuno del popolo e per il popolo, al governo. Tsipras era certamente ben motivato in principio. La mia classe sociale sta sparendo e vedo tantissimi in situazioni molto difficili. A volte ti chiedono prestiti persone dalle quali mai te lo aspetteresti, gente che ha sempre avuto un'enorme dignità in queste cose. Sono i nuovi poveri anche loro."
Gli chiedo di suo figlio, 28 anni, ingegnere, disoccupato, in procinto di emigrare. "La mia generazione ha guadagnato molto, anche in nero. Non parlo di me in particolare, ma abbiamo ricoperto di soldi i nostri figli. Il risultato è stato un consumismo improvviso, invadente e al quale la nuova generazione era stata abituata. Ora devono fare marcia indietro, trasferirsi, resistere o usare i risparmi dei genitori. "
Parliamo del fatto che a volte questa crisi porti a delle piccole rivoluzioni culturali: la riscoperta di lavori artigianali, la capacità di reinventarsi e rimettersi in gioco, per necessità. Panos sostiene che la gente sia ritornata a parlare durante la crisi, ha rivisto il popolo confrontarsi sulla politica, scambiarsi davvero i pensieri, i problemi e le proposte.
Immagino quanto possa essere faticoso dover smettere di credere a un sogno. Saluto Panos e passo alla generazione dei suoi figli.
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Atene, 20 Settembre 2015
Ritardi, autobus, check in , voli, aria condizionata...l'infinità di dettagli e sfumature del tragitto, quel tempo sospeso nel quale lo sguardo casuale di un altro viaggiatore può definire i contorni del tuo vagare, è la mia parte preferita di ogni spostamento.
Osservo Atene dal finestrino dell'autobus e il paesaggio è così vicino al mio immaginario siciliano che mi sento subito a casa. Sul volo una decina di turisti italiani che avrebbe proseguito per le isole greche e con me, in autobus, greci residenti in Italia tornati per votare, tutti sopra i quarant'anni.
Quando arrivo in Piazza Syntagma l'Hotel Athens è baciato dal sole delicato del pomeriggio che illumina i balconi pieni di giornalisti. Due uomini in abito scuro scavano un solco di passeggiate nervose sulla terrazza del Palazzo del Governo.
Atene per oggi è il cuore dell'Europa, il luogo nel quale si esprimono le contraddizioni e le delusioni di una crisi che sembra infinita. Mentre i migranti affollano le frontiere, voglio osservare i greci e capire cosa rimane di un sogno di lotta.
Le ore passano e in Piazza Syntagma non succede nulla: ci sono sparuti gruppi di reporter, tre mega schermi installati da Nea Dimokratia e sostenitori di destra depressi seduti su sedie di plastica bianche.
Prendo un taxi senza una precisa direzione, ma appena mi siedo in macchina trovo alla guida Nikos, un giovane ateniese di ventisette anni che mi porta in piazza Klathmonos, dove ci sono i festeggiamenti di Syriza, che ha ormai la certezza di aver vinto le elezioni, seppur con percentuali lontane dal glorioso passato e in un clima di astensionismo da record. Anche il padre di Nikos era tassista, ma guadagnava il triplo di lui: gli dico che in Italia è lo stesso, siamo una generazione sensibilmente più povera di quella precedente. Poi si illumina e mi dice che oggi ha votato ed è molto contento del risultato: crede che le cose prima o poi andranno per il meglio e che Tsipras sia l'unica scelta realisticamente possibile. La speranza di Nikos non riesce a contagiarmi fino in fondo e trovo che ci sia un'aria di festa un po' troppo mite e calma. Mi addentro nel modesto caos della postazione del partito: il gruppo più nutrito e più rumoroso appartiene a "L'altra Europa con Tsipras", sono tutti italiani in festa. Quando inizia Bella Ciao nella versione dei Modena City Rembler ho una serie di flashback adolescenziali. Il numero di fotografi e videoperatori non è proporzionato al numero esiguo di sostenitori in festa. La maggioranza dei presenti ha più di cinquant'anni. Un gruppetto di studenti poga sulle note di Revoluciòn degli Ska-p e io provo un misto tra un brutto presentimento e la voglia di credere a un sogno.
Inizia Stairway to Heaven e arriva Tsipras. Non colgo il collegamento adoperato da questo sapiente dj. Alexis sale sul palco tra gli applausi insieme a Kamménos e lo abbraccia ringraziandolo. "Vittoria del popolo", "Siamo duri a morire", "Abbiamo una base solida".
Il discorso finisce in fretta, dietro di me due settantenni urlano come fossimo a un concerto dei Take That "Alexis! Alexis!" e poi il Presidente si allontana con una fila di auto blu.
Decido di spostarmi seguendo un flusso di poche decine di persone con le bandiere di Syriza e Podemos ma si disperdono velocemente e mi ritrovo in Piazza Syntagma, semivuota. Mi siedo a mangiare un panino in un bar e davanti a me i due giovani gestori guardano una partita di calcio su una tv a schermo piatto. Alla mia sinistra riviste di gossip.
Sempre il solito cane sdraiato davanti alla sede chiusa di ND. Le cicale cantano anche in pieno centro, in questa città bellissima e disillusa.
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"Sono una mamma come tante altre e quello che mi è capitato è successo a moltissime donne. Ho due ferite sul cuore che si sono trasformate in bellissime note musicali, ma ancora oggi non posso toccare e vedere i miei figli ogni giorno, posso solo immaginarli, creare spazio e serenità per loro. Sono grata però a tutte le persone che mi hanno aiutata in questo cammino aspro e duro e il progetto fotografico che segue è una restituzione, un simbolo di gratitudine universale che ho nei confronti di tutte le persone che mi hanno riportata nella luce dopo che i miei bambini sono svaniti. Il titolo nasce da una prima considerazione che spesso viene sottovalutata: siamo già madri, dal momento stesso in cui leggiamo il risultato del test di gravidanza e lo siamo nonostante i nostri bambini non ci siano più. Per me è stato difficile ammetterlo e comprenderlo, perché, come molte altre mamme, mi sentivo inadeguata alla maternità, sentivo di essere in difetto, sentivo come se “dentro di me la vita non potesse fluire”, come mi ha detto una delle mamme che ha collaborato attivamente al progetto. Ho aggiunto l’aggettivo “sospese” perché corrisponde alla sensazione che ho provato, in primo luogo per il vuoto percepito e in secondo luogo per le opinioni che venivano dall’esterno: mi riferisco a quel senso di ingiustizia che si prova quando molti danno per scontato che non sei una madre e che basterà riprovare per dimenticare; tutte le mamme che hanno vissuto la mia esperienza sanno quanto siano sbagliate queste considerazioni e quanto facciano male. Trovo straordinaria la capacità di rinascita delle madri che ho conosciuto e che danno speranza anche a me di potere affrontare una nuova gravidanza e di portarla anche a termine.
L’idea è quella di fotografare le mamme che si offrono volontarie avendone prima ascoltato la storia; in tutti i dialoghi che ho avuto con le mamme sono nate delle bellissime immagini che abbiamo insieme trasformato in fotografia. Non per tutte la fotografia che ne risulta simboleggia una rinascita, perché c’è assoluta libertà di espressione. Nel mio caso, per esempio, c'è un autoscatto che si rifà al momento di vuoto assoluto provato nella fase iniziale del lutto. Alcuni scatti sono stati pensati e realizzati in studio, altri in casa e altri nella natura. Infine questo progetto ha l’obiettivo di farmi vivere una catarsi e di offrire la possibilità ad altre mamme di provare la stessa sensazione di “leggerezza” che provo io stessa quando mi vedo da fuori in una fotografia che porta con sé dolore, speranza, bellezza, vita e morte."
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Le madri (i padri o le coppie) che volessero partecipare al progetto possono scrivere a questa mail[email protected] per ricevere maggiori informazioni.
Il link al bellissimo sito dell'associazione Ciaolapo Onlus è il seguente: http://www.ciaolapo.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=407:progetto-fotografico-madri-sospese&Itemid=854
Grazie a tutte
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Sei anni, seguendo il percorso dei narcotrafficanti di tutto il mondo. Sei anni di foto e di storie, raccontate in "Narcotica" (ISBN edition). Vincitore del premio Amilcare Ponchielli per il miglior reportage fotografico, premiato anche in Germania e in Francia, Alessandro Scotti è l'incarnazione dell'odierno fotoreporter, in grado di narrare con immagini e parole, in perfetta sintonia. Non perdetevelo.
www.alessandroscotti.com
]]>Primo Capitolo della nostra rassegna permanente che vuole portarvi in un viaggio tra fotografi contemporanei di vari generi ma di alta qualità, in collaborazione con la mitica Libreria Il Delfino. L'idea nasce dall'esigenza di conoscere il mondo della fotografia contemporanea e dei fotografi che si impegnano in progetti di avanguardia, che pubblicano ed espongono in Italia e all'estero e che lavorano con case editrici di conclamata fama o in ascesa nel campo della fotografia professionale.
Abbiamo deciso di aprire le danze con un libro molto interessante che aprirà un dibattito sulla cosiddetta "Iphoneography", ovvero la fotografia (professionale) gestita con l'Iphone. Gli esempi anche illustri sono molti ed insieme al fotografo Andrea Aschadamini e all'editore Daniele Clarizia cercheremo di divertirci nell'indagine del fenomeno e insieme anche a Cristina Locatelli vi mostreremo il magnifico lavoro di grafica e stampa del libro "Intorno alla terra nuova/ Viaggio circolare".
Con viva e vibbbramte trepidazione vi aspettiamo il 28 Marzo alle ore 18,00 presso la Nuova Libreria Il Delfino, Piazza Cavagneria, Pavia. (zona ztl)
Ingresso gratuito!
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