Atene, 20 Settembre 2015
Ritardi, autobus, check in , voli, aria condizionata...l'infinità di dettagli e sfumature del tragitto, quel tempo sospeso nel quale lo sguardo casuale di un altro viaggiatore può definire i contorni del tuo vagare, è la mia parte preferita di ogni spostamento.
Osservo Atene dal finestrino dell'autobus e il paesaggio è così vicino al mio immaginario siciliano che mi sento subito a casa. Sul volo una decina di turisti italiani che avrebbe proseguito per le isole greche e con me, in autobus, greci residenti in Italia tornati per votare, tutti sopra i quarant'anni.
Quando arrivo in Piazza Syntagma l'Hotel Athens è baciato dal sole delicato del pomeriggio che illumina i balconi pieni di giornalisti. Due uomini in abito scuro scavano un solco di passeggiate nervose sulla terrazza del Palazzo del Governo.
Atene per oggi è il cuore dell'Europa, il luogo nel quale si esprimono le contraddizioni e le delusioni di una crisi che sembra infinita. Mentre i migranti affollano le frontiere, voglio osservare i greci e capire cosa rimane di un sogno di lotta.
Le ore passano e in Piazza Syntagma non succede nulla: ci sono sparuti gruppi di reporter, tre mega schermi installati da Nea Dimokratia e sostenitori di destra depressi seduti su sedie di plastica bianche.
Prendo un taxi senza una precisa direzione, ma appena mi siedo in macchina trovo alla guida Nikos, un giovane ateniese di ventisette anni che mi porta in piazza Klathmonos, dove ci sono i festeggiamenti di Syriza, che ha ormai la certezza di aver vinto le elezioni, seppur con percentuali lontane dal glorioso passato e in un clima di astensionismo da record. Anche il padre di Nikos era tassista, ma guadagnava il triplo di lui: gli dico che in Italia è lo stesso, siamo una generazione sensibilmente più povera di quella precedente. Poi si illumina e mi dice che oggi ha votato ed è molto contento del risultato: crede che le cose prima o poi andranno per il meglio e che Tsipras sia l'unica scelta realisticamente possibile. La speranza di Nikos non riesce a contagiarmi fino in fondo e trovo che ci sia un'aria di festa un po' troppo mite e calma. Mi addentro nel modesto caos della postazione del partito: il gruppo più nutrito e più rumoroso appartiene a "L'altra Europa con Tsipras", sono tutti italiani in festa. Quando inizia Bella Ciao nella versione dei Modena City Rembler ho una serie di flashback adolescenziali. Il numero di fotografi e videoperatori non è proporzionato al numero esiguo di sostenitori in festa. La maggioranza dei presenti ha più di cinquant'anni. Un gruppetto di studenti poga sulle note di Revoluciòn degli Ska-p e io provo un misto tra un brutto presentimento e la voglia di credere a un sogno.
Inizia Stairway to Heaven e arriva Tsipras. Non colgo il collegamento adoperato da questo sapiente dj. Alexis sale sul palco tra gli applausi insieme a Kamménos e lo abbraccia ringraziandolo. "Vittoria del popolo", "Siamo duri a morire", "Abbiamo una base solida".
Il discorso finisce in fretta, dietro di me due settantenni urlano come fossimo a un concerto dei Take That "Alexis! Alexis!" e poi il Presidente si allontana con una fila di auto blu.
Decido di spostarmi seguendo un flusso di poche decine di persone con le bandiere di Syriza e Podemos ma si disperdono velocemente e mi ritrovo in Piazza Syntagma, semivuota. Mi siedo a mangiare un panino in un bar e davanti a me i due giovani gestori guardano una partita di calcio su una tv a schermo piatto. Alla mia sinistra riviste di gossip.
Sempre il solito cane sdraiato davanti alla sede chiusa di ND. Le cicale cantano anche in pieno centro, in questa città bellissima e disillusa.