Due giorni con Valerio Nicolosi

October 20, 2020

Sorprendersi davanti a qualcosa di disarmante come l’umiltà o la dedizione a una missione è quello che può succedere partecipando a un workshop di Fotografia di Reportage come quello che Valerio Nicolosi ha tenuto per CameraOff, per un numero limitato di persone, vista la recente situazione. Era da molto che non organizzavo corsi nel mio studio e ho voluto ricominciare da qualcuno come lui, che fosse un puro: un reporter, documentarista e giornalista capace di raccontare senza fronzoli, libero e sopratutto indipendente. La vita del fotografo suscita interesse e spesso fascino e non ci si sbaglia in questo, solo che a guardare più da vicino, oltre alla costante e logorante precarietà di questo lavoro, esiste anche una fatica che forse a un primo sguardo può sembrare solo un piacere, una passione. Esistono invece poche ore di sonno, la paura, il pericolo, il timore di non essere nel posto giusto al momento giusto, la burocrazia, i conti da far quadrare, la lontananza da casa, la costanza e la pazienza di aspettare le immagini, la fatica del freddo, del caldo o della stanchezza, il tempo che vola, la salute che non può mancare mai, le persone da intercettare e quelle da evitare, l’empatia e l’umanità da usare al massimo delle proprie capacità. Chi di fotografia vive sa che non può concedersi nessuna pigrizia e neanche un po’ di stanchezza, non sa quanto guadagnerà e non sa quale sarà il prossimo orizzonte: sa solo che non può fare altro che fotografare con coerenza, etica e impegno. Nelle prime ore del workshop di un dieci ottobre nebbioso ma ancora tiepido, abbiamo iniziato dall’ascolto delle storie di Nicolosi ed è stato un passaggio fondamentale per aprire gli occhi su un tipo di racconto fotografico duro e tenace come il suo. Abbiamo voluto aprire il workshop anche a non professionisti perché la fotografia di reportage è innanzitutto la capacità di raccontare, che tutti possediamo in quanto esseri pensanti e che questa sia più o meno esercitata, è connaturata. Dapprima il necessario: raccontare nelle arti è un atto spontaneo e irrinunciabile e se non nasce dalla necessità rischia di essere ammiccante e costruito. Non è il caso delle storie che abbiamo visto durante il workshop con Nicolosi, che viaggia di propria iniziativa raccontando gli ultimi, sempre con tatto e dignità, senza risparmiarsi. In studio abbiamo potuto ospitare un gruppo coeso ed eterogeneo di persone, fotografe/i e non, che guidati, si sono messi alla prova. Abbiamo provato a raccontare la povertà e il volontariato, mettendoci consapevolmente in difficoltà e poi il vuoto della città di Pavia, sventrata come tutte le città del mondo e peggio ancora di provincia, dalla pandemia di questo sciagurato duemilaventi. Il primo giorno di workshop è stato prolungato fino a sera con la proiezione dell’ultimo documentario di Nicolosi, Frontiere, basato sulla rotta dei migranti nel Mediterraneo. Grazie all’organizzazione de La casa del popolo di Pavia siamo riusciti ad aprire la proiezione a un buon numero di giovani oltre ai partecipanti al workshop e possiamo affermare che Frontiere è stato il momento più alto del weekend. Girato a bordo della Open Arms, racconta e intreccia storie di migranti e attivisti a bordo della nave da soccorso. Neanche la più fervida immaginazione, seppur stimolata dalle immagini che vediamo quotidianamente, può prevedere ciò che si prova alla visione del documentario: l’occhio di Nicolosi è delicato ma non si risparmia, le persone si aprono con lui e raccontano sopratutto le ragioni delle loro partenze, spesso non considerate, mai citate e poco comprese da chi vive dalla parte ricca del Mediterraneo; raccontano di rabbia, paura, frustrazione e speranze: queste ultime sono quelle che verranno tradite sistematicamente dopo lo sbarco, come spiega con lucida rabbia una delle attiviste di Open Arms a bordo, colonna portante del racconto. Nicolosi mostra un salvataggio, che strazia ma rincuora lo spettatore, ma mostra poco dopo un salvataggio mancato, non per incapacità dei soccorritori, ma per programmata omissione di soccorso internazionale. Il sudario è un gommone bianco, rovesciato, sotto il quale non c’è più nessuno. Issato sulla nave, è un insopportabile dolore, un’immagine il cui effetto lacerante mi ha inseguita per diversi risvegli, una pietà che non posso e nemmeno voglio dimenticare. Frontiere è un documentario necessario, come lo sarà anche il prossimo sulla rotta balcanica, intitolato Le vie per l’Europa, un’altra storia che Nicolosi sta scrivendo e che aspettiamo di vedere al più presto.

 

 

A questo link potete donare per il nuovo documentario di Valerio Nicolosi:

 

https://www.produzionidalbasso.com/project/frontiere-le-vie-per-l-europa-1/

 

 

Segue qualche scatto dei partecipanti:

4workshop fotografia di reportage 4workshop fotografia di reportage 4workshop fotografia di reportage 4workshop fotografia di reportage 4workshop fotografia di reportage 4workshop fotografia di reportage

 

 


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