Colori a cera, gesso, colla e legno: è il profumo caldo di una piccola scuola elementare a Vatolakkos, Creta. Sono venuta fino a qui per conoscere giovani insegnati greci: quasi nessuno di loro lavora nella propria città e generalmente scelgono questo lavoro perché hanno la possibilità di viaggiare per il paese; mi spiegano che è necessario portare l'istruzione anche nei piccoli villaggi sperduti sulle isole e che l'unica soluzione è spostarsi. Insegnano per due o tre anni e poi possono chiedere di essere trasferiti in nuove località e molti fanno richiesta anche per trascorrere tre anni all'estero nelle scuole greche di proprietà del Governo. Lena ha insegnato in ordine a Kavala, Salonicco, Miami, Kalymnos e ora Vatolakkos, vicino Chania. Lavora da sola e svolge tutte le mansioni burocratiche delle quali sarebbe incaricato un preside, una segretaria e un consiglio di istituto.
Partiamo alle sette e trenta dalla sua incantevole casa di Chania, affittatale da un ex istruttore di volo con un sorriso aperto e un buon inglese. E' quel tipo di casa che costruisci per una vita per viverci felice e a lungo. La vista dal terrazzo mi riporta alla mia infanzia nell'entroterra siciliano. Dopo qualche chilometro vedo Souda dall'alto, la città dove ha sede la base NATO, in un magnifico panorama mattutino.
Dopo circa trenta minuti arriviamo a Vatolakkos. La scuola ha un cortile bello e luminoso che funziona anche da palestra e la piazzetta è sovrastata da una torre orologio alta ventitrè metri, in memoria delle ventitré vittime fucilate dai tedeschi sul ponte che conduce al centro del villaggio. I bambini corrono verso di noi sorridenti urlando: "Che bello! Allora anche oggi c'è lezione!". Una piccolina regala a Lena un mazzo di rose di colori misti. Hanno tutti e sedici un enorme rispetto per lei e riconoscono a pieno la sua autorità. La scuola è decisamente bella: coloratissima, attrezzata, pulita. Mentre Lena lavora come bidella, preside, segretaria e maestra, i bambini continuano a giocare in cortile. Una mamma aspetta di parlare con lei. Alla fine della conversazione Lena mi spiega che ci sono brutte notizie, perché la signora ha deciso di portare i suoi figli in un'altra scuola e questo comporterà l'abbassamento del numero minimo di bambini, dunque le sue speranze di avere una collega per dividere il lavoro svaniranno. La gente del paese tiene molto a questa piccola scuola e vorrebbero che rimanesse aperta; se dovesse chiudere davvero Lena verrebbe semplicemente trasferita a Chania, dove in effetti abita, potrebbe anche evitare di passare quaranta minuti in macchina tutte le mattine e guadagnare un po' di tempo per sé stessa, ma tutto questo non le interessa affatto, tira fuori il suo spirito combattivo e crea le condizioni di sopravivenza della scuola. La classe è molto varia: ci sono bambini che vanno dai 6 ai 12 anni e le loro radici sono miste: c'è un bambino polacco dal viso molto intenso, che spicca per i suoi colori nordici. Si percepisce il mix culturale di un'isola in una posizione strategica nel Mediterraneo, si percepisce dalle loro domande che hanno in famiglia molti emigrati, in Francia, in Canada e negli Stati Uniti.
Insegnare è una missione, dopo tutto: sono piena di ammirazione per questa professione. Lena ha una tristezza profonda sul viso e un sorriso che si apre con prudenza. I bambini mi accolgono in classe con un collettivo "Buongiorno" pronunciato perfettamente e parliamo di fotografia. L'argomento che viene fuori è il ritratto. Io non ho molto con me, non ho stampe e non ho il computer, quindi decido di mostrare loro qualche ritratto direttamente dalla camera. Parliamo addirittura di luce negli occhi, anima e racconto. Sono attenti, adulti. Mi chiedono se sono stata a New York, in Canada, in Polonia e a Parigi. All'intervallo mi offrono la merenda e mi chiedono di giocare a pallavolo: io ne approfitto per farmi insegnare i numeri, così ad ogni passaggio imparo a contare fino a dieci. Creta non è un'isola povera, nel complesso, perché vive di turismo, ma qui ci sono bambini che non hanno con sé due monete per la merenda oppure che non hanno fatto colazione. A metà mattinata sento il bisogno di un caffè ed esco per comprarlo. Mi accorgo che non ci sono cancelli o recinzioni, esco semplicemente scavalcando un muretto. Sono certa che i bambini non uscirebbero mai: rispettano tutte le regole stabilite da Lena e le stanno sempre attorno. E' un microcosmo che somiglia più a una famiglia che a una scuola. Trovo un bar che sembra il patio di una casa di campagna e una cinquantenne mi serve un caffè greco in un perfetto inglese. Devo raccontare questi bambini, i loro volti e le loro domande, lo spirito di gruppo, i giochi semplici e gli abiti mesti. Posso farlo con una foto di gruppo, ma decido di usare le loro mani, insieme a quelle di Lena. Mi chiedono se tornerò anche l'indomani.
Il fatto di girare molto porta Lena a non sentirsi mai a casa davvero, a non avere radici ben salde. Insieme riflettiamo sul fatto che il governo possa controllare e manipolare maggiormente una categoria che è fortemente instabile e mobile. Fino a qualche tempo fa si diventava di ruolo grazie all'anzianità; poi sono arrivati i concorsi e attualmente è tutto fermo. Chi era riuscito a passare di ruolo come Lena è fortunato: tutti gli altri sono precari e chissà per quanto tempo lo resteranno.
"La mia generazione è furiosa con la precedente per lo spreco di denaro che hanno provocato, per aver ignorato troppo a lungo che l'intero paese era corrotto. I miei genitori sono due insegnanti, due buoni insegnanti e fanno parte di quella classe media nata nel periodo di Pasok, dal 1981 in poi. Prima di allora non si era molto liberi di esprimersi e di criticare, se facciamo un'eccezione per i comunisti che invece si sono sempre espressi liberamente. In quel periodo era normale sapere che il preside di una scuola rubava soldi e non c'erano reazioni particolari da parte loro". Penso agli anni ottanta in Italia, alla Dc e a tutto il resto. Posso davvero capire questa ragazza, capisco quella rabbia, capisco la mancanza di amore per la patria che ha avuto la generazione precedente. Vorrei dirle che la mia generazione non arriva nemmeno a una riflessione in merito, ma preferisco non aggiungere negatività e ammirare questo gigante di un metro e cinquanta e tutti i suoi amici, i quali mi sembrano complessivamente più colti e svegli di noi. Alla sera Lena mi porta a conoscerli, tra bicchieri di Raki, semi di zucca, verdure fresche e sigarette. Io mi concentro su Nina, trent'anni e un'impresa di artigianato locale con un negozio di souvenir ecologici e prodotti locali. Si chiama "Kurkuta", che in dialetto cretese significa "accumulo di cianfrusaglie dalle quali non vorresti mai separarti per motivi affettivi".
Il negozio rispecchia Nina: colorato, allegro, ironico. Nina è l'unica imprenditrice di Chania ad aver ottenuto un finanziamento per l'apertura del suo negozio. Ha dovuto anticipare ed è stata aiutata dalla famiglia, ora sta restituendo il denaro a tutti, anche se gli affari non sono rosei: una delle maggiori difficoltà è creata dal turismo all inclusive, la piccola gabbia del viaggiatore. Il negozio di Nina in realtà è un punto di aggregazione per tutti gli amici e per la gente di Chania ed è per questo che, dopotutto, funziona: il turista ci troverà sempre qualcuno disposto a farsi due risate e a conversare in parecchie lingue.
Un tedesco appassionato di trekking dimentica Der Spiegel su un tavolo e la copertina ritrae il viso di Angela Merkel fotomontato sulla figura di Madre Teresa; il titolo è "Mutter Angela". Parliamo dei tedeschi, del loro disperato tentativo di ripulirsi l'immagine. Parliamo dei loro scandali, soprattutto di quello della Siemens, che ha abbandonato il campo, rubato e corrotto e ha lasciato centinaia di disoccupati greci. Poi c'è la Wolkswagen (Gas Auto) e le Banche. I tedeschi stanno comprando la Grecia, grazie al piano per le privatizzazioni richiesto dall'Europa: quattordici aereoporti, Salonicco, Corfù, Cefalonia, Zante, Aktion, Kavala, Rodi, Kos, Samos, Mytilini, Mykonos, Santorini, Skiathos e anche Chania, dove sono arrivata e dove ripartirò. Il Kreditanstalt für Wiederaufbau si occupa di colonizzare il paese ellenico soprattutto nel campo del turismo e dell'energia pulita, dà lavoro a più di ventimila persone ma vende armamenti bellici al paese. Una mano dà e l'altra toglie.
Mentre torniamo a casa Lena in macchina mi racconta del periodo del referendum: "Mi trovavo nella mia città ed ero in macchina a notte fonda con il mio ex fidanzato. Vedemmo un uomo che scriveva un enorme OXI (no) su un muro e in Grecia si dice che ogni generazione deve avere il suo Politecnico, la sua rivolta studentesca contro la dittatura, come fu nel 1973; lui mi ripeteva spesso questa frase e io gli dissi: "Vedi, dicevi che volevi vivere il tuo Politecnico ed eccolo, ce l'hai davanti agli occhi, sei dentro la storia della tua generazione. E' stato un momento prezioso per il paese: c'era dialogo, confronto, speranza, verità, partecipazione. Con Tsipras, per la prima volta in vita mia, ho potuto ascoltare un discorso di un mio presidente ed essere felice di averlo votato. Mi piaceva davvero tutto quello che faceva, mi piaceva persino la sua faccia, il suo modo di parlare." La delusione che segue a una tale soddisfazione per un cittadino appassionato è indescrivibile e io non posso capirla, perché non ho mai nemmeno provato quella gioia. Ad ogni modo, per votare anche questa volta, Lena ha preso un autobus per Chania, l'aereo per Salonicco e un altro autobus per Kavala, ha perso due giorni di scuola, nessuno sconto sul viaggio per via delle elezioni. Non ha votato Syriza, anche se è stata indecisa fino all'ultimo sul da farsi e ha espresso un voto per Laiki Enothta, (Unità Popolare), un piccolo partito distaccatosi da Syriza, euroscettico e socialista, che non è riuscito nemmeno a entrare in Parlamento.
"Ci fu uno scandalo, per esempio, riguardante la Chiesa, a proposito di terreni contesi tra loro e il governo. Syriza aveva iniziato ad occuparsene ma alla fine è rientrata in un limbo di compromessi che la hanno avvicinata al sistema della corruzione. Non avrebbero mai dovuto dimenticare che erano diversi e che hanno avuto un peso anche mentre erano fuori dal Parlamento. Il fatto di aver buttato via Varoufakis è stato uno dei peggiori momenti, anche se non mi fido ciecamente di nessuno, nemmeno di Varoufakis, ma dopo quella mossa ho capito che non avrei più potuto votare Tsipras. Un'altra enorme delusione è stata la mancata riforma del sistema delle comunicazioni: anche in quel settore c'era una tale corruzione da stanare e si trattò di uno dei temi più importanti in campagna elettorale. Non è cambiato nulla, Syriza non ha fatto nulla."
Lena mi dice con gli occhi lucidi: "I'm sorry if I am too intense about this".
La strada per l'aeroporto non è trafficata, il sole batte sul tetto della macchina e ci sono trentun gradi. Lena e le sue radici, il coraggio e la dignità del lavoro, la passione per la democrazia, vado a cercarle anche a casa mia. Guardo un altopiano beige con rari cespugli verde smeraldo e mi rendo conto di quanto siamo vicini alla Turchia, in mezzo al Mediterraneo, culla delle più grandi rivoluzioni culturali e immensa tomba di migranti.